La magia del Teatro

Noi non lo sapevamo ma il buio già era lì, in attesa. Quando le luci, impudenti, vennero abbassate, molto lentamente, lui si riprese il suo spazio. Tutto lo spazio.
restammo così, almeno un minuto, in questo limbo dove percepivamo la presenza degli altri intorno a noi ma, fisicamente, era impossibile avere la certezza della loro effettiva esistenza, e i dubbi cominciavano a farsi strada nelle nostre menti.
Finché, lontana, una piccola luce bucò il l'oscurità, aprendola in due come un sipario.
In mezzo a quella luce una figura. Scura. Una sagoma che restò cupa per tutto il tempo che l'occhio di bue impiegò a prendere vigore, dandole un significato. Un profilo, finalmente conosciuto, quello di un uomo.
Pareva sospeso sul disco chiaro che il faro proiettava per terra e l'inclinazione dello stesso era tale da fare sì che il suo viso rimanesse all'ombra dei suoi capelli e il suo corpo a quella delle sue spalle.
Era l'unica cosa visibile in tutto il grande ambiente. Tutti gli occhi erano per lui. Tutte le orecchie in attesa.
Fece un passo, dimostrando al pubblico di essere reale. Vivo.
Aprì la bocca ed esitò quel tanto che tutti i presenti si tesero, impercettibilmente, verso di lui, pendendo dalle sue labbra. Poi parlò.
Una voce profonda invase l'aria infrangendo anche l'ultimo tabù, quello del silenzio e dissetando, con un tono caldo e profondo, tutti gli animi in attesa

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